sabato 23 giugno 2012

UNA ESPERIENZA NELLA PROTEZIONE CIVILE

                                                                                                         HO RICEVUTO QUESTA E. MAIL CON RICHIESTA DI PUBBLICAZIONE. 




Mi chiamo Stefano Picone, sono Un Disaster Manager della protezione civile e sono molto amareggiato nel vedere le istituzioni della protezione civile allo sbando, anche in situazioni di emergenza, come quelle accadute in Emilia Romagna e Marche o alle alluvioni che hanno interessato la toscana e la liguria nell’Ottobre e Novembre 2011.




Sono amareggiato perché quello che adesso viviamo, io lo avevo già intuito alla fine del 2010, quando sono stato costretto licenziarmi dalla protezione civile del comune di Roma, dopo che il mio capo del personale mi aveva prospettato di non dover più occuparmi delle emergenze, di non avere nuovi incarichi fino a nuovi ordini, mai giunti.

Il mio stipendio era garantito ma sarei rimasto a non far niente in un ufficio, a rubare i soldi allo stato. Beh io non ce lo ho fatta. Mi sono licenziato. Perché per me la dignità è un valore superiore al denaro, e uno stipendio va guadagnato e non rubato!

Dal 2005 al 2010, avevo avuto modo di lavorare per la Protezione Civile del Comune di Roma con la Dott.ssa ............, all’epoca Direttore di questo Ufficio.

Una delle prime cose che si è organizzato è stata una rete tra la Protezione Civile ed i servizi sanitari presenti.

La dott.ssa .......... mi ha incaricato di coordinare la funzione sanitaria per la Protezione Civile comunale. Ciò mi ha permesso di collaborare con le diverse strutture sanitarie presenti sul territorio come la Croce Rossa Italiana, ed il suo referente provinciale Dott. ......... e con il 118ARES COR, in particolare i medici Dott. .............; Dott. ..............; ...............; Dott.ssa ..................; Dott. ..................

Ho collaborato alla gestione di maxi-emergenze ed eventi a Roma come il Primo Maggio o capodanno. Molteplici sono state le iniziative e anche le attività di previsione e prevenzione a cui abbiamo lavorato insieme, azioni fondamentali per aver chiare le procedure e le risorse presenti sul territorio in caso si verifichi una emergenza.

Mi sono occupato inoltre del Rischio trasporti, delle emergenze Antincendio-Boschivo e ho collaborato alla realizzazione del Piano Comunale di Emergenza del comune di Roma.


Nel 2010 era finito tutto! L’ufficio si era fermato!

Eppure questa esperienza mi ha insegnato molto.



Ed è proprio di questo che voglio parlare a Lei, Dottor .A.D.P. . Di come poter migliorare il futuro dell’Italia e non recriminare sul mio passato. Mi piacerebbe poter far fruttare la mia esperienza, e che questa possa ancora essere utile. Scrivo a Lei perché ho sempre avuto la convinzione che Lei sia un uomo onesto e giusto e che non abbia mai pensato solo agli interessi personali.

Negli anni di lavoro presso la Protezione civile, mi sono accorto che le emergenze devono rappresentare per lo Stato, la maggiore efficienza perché in ballo ci sono vite umane. Efficienza che ultimamente sembra perduta.

È palese che lo stato non riesce più a mettere in coordinamento i differenti soggetti ed Enti che sul territorio nazionale svolgono i delicati compiti di ordine pubblico e soccorso sanitario. Ed è la mancanza di coordinamento la principale causa della inefficienza della Protezione Civile. Perché il compito principale della Protezione Civile è il coordinamento.


Voglio raccontare la mia esperienza professionale perché soltanto sapendo osservare le cose, spesso si capiscono i problemi.




Il mio primo incarico alla protezione civile nazionale (DPC) fu in occasione del grande giubileo del 2000 - giornata mondiale della gioventù; forse il primo dei tanti grandi eventi organizzati dal DPC e tanto criticati.

Il Pontefice Giovanni Paolo II riceveva i giovani a Tor Vergata, in una zona che allora era in aperta campagna, con la costruzione di strade nuove per quella occasione.

Si prevedeva un afflusso di 3 milioni di persone.

Fu organizzato un sistema di Protezione Sanitaria. L’area fu divisa in settori. Ogni settore aveva un sistema di protezione sanitaria composto da PMA e ambulanze.

Fu destinato al soccorso dei cittadini un numero verde e una sala operativa dedicata a questo evento. E questo fu l’errore.

Durante l’evento molte persone hanno accusato malori.

La gente chiamava il numero 118, numero per convenzione dedicato al soccorso sanitario e conosciuto da tutti, e non il numero verde dedicato all’evento.

Il 118 ha iniziato a dover gestire i soccorsi nell’area di Tor Vergata, non conoscendo la divisione dei settori e non essendo presenti sullo stradario i nomi delle nuove strade appena asfaltate e costruite; le ambulanze del 118 sfilavano davanti alle ambulanze destinate all’evento, che non risultavano interessate nei soccorsi.

Il sistema del 118 fu ingolfato perché non riusciva a gestire i soccorsi ordinari su Roma ed i soccorsi straordinari dell’evento di Tor Vergata.




Questa mia prima esperienza mi ha convinto che la prima cosa che deve funzionare nell’ambito di una emergenza di protezione civile o di un grande evento è il sistema sanitario, che deve rimanere coordinato dai soggetti che abitualmente svolgono servizio in quella determinata area.

Pensiero questo che all’interno della protezione Civile anche nazionale ancora non è stato recepito.

Ad oggi presso il DPC è presente il COAU (Centro Operativo Aereo Unificato) che coordina tutti gli aerei dello stato nella lotta agli incendi boschivi ma non esiste un servizio analogo per il coordinamento dei servizi sanitari interregionali per trasferire pazienti critici in centri d’eccellenza presenti solo in alcune città e non presenti in ogni regione.

Questi servizi vengono gestiti dalle varie prefetture con modalità differente da zona a zona, poiché il 118, essendo un servizio regionale, non svolge servizi interregionali.

La stessa Sala Operativa Italia presso il DPC, ha referenti di tutte le Forze operative (Forze Ordine; Forze Armate; VV.F. ecc.) e dispone come referente sanitario di un rappresentante della CRI e non del 118. Ma il servizio di emergenza-urgenza viene espletato in ogni regione dal 118 e non dalla CRI.

Il Referente CRI quindi non possiede l’analisi della forza generale del 118 e dei servizi sanitari presenti in un dato territorio in cui si dovesse verificare una emergenza e non conosce quindi, di cosa effettivamente abbisognerà quel territorio.

Il problema è che molto spesso si tende a focalizzare singole problematiche di singoli Enti, tralasciando il contesto in cui questi Enti operano o si relazionano, ovvero il territorio.





La capacità di guardarsi intorno, sapere cosa accade nelle diverse parti del paese Italia, saper capire cosa funziona meglio e saperlo prendere da esempio per una gestione ottimale, ovvero saper far dialogare i diversi Soggetti, ovvero creare una rete, è la soluzione che deve svilupparsi come mentalità tra Enti sempre più divisi in diverse competenze che non interagiscono tra loro.

Inoltre la mancata informazione ai cittadini, alla collettività, sul funzionamento dei piani di emergenza comunali e sul funzionamento dei servizi sul territorio,in caso di disastro può generare azioni anche pericolose da parte della gente, compromettendo la sicurezza propria ed altrui .

Capita sovente che i cittadini richiedano l’intervento di una ambulanza facendosi prendere dal panico per situazioni critiche o talvolta anche non-critiche, telefonando a numeri sbagliati (113; 112) o richiedendo interventi sanitari sulla scia di problematiche presenti al momento ed enfatizzate dagli organi di stampa (quando ci fu la notizia del rischio influenza aviaria e della SARS al 118 aumentarono le richieste di intervento per comuni febbre o influenze).

La pubblicità progresso televisiva e radiofonica potrebbe essere la soluzione.

Come quella che ha adottato la Protezione Civile per il Rischio incendi boschivi durante il periodo estivo, che indica quale è il numero di soccorso giusto da chiamare in caso di incendio boschivo (1515) e cosa dover fare o non fare.

Una pubblicità progresso dedicata alle emergenze sanitarie e come funzioni la rete ospedaliera sarebbe utile; Una pubblicità che spieghi quali siano i numeri dell’emergenza e quali siano i modelli di intervento in caso di emergenza, e quando rivolgersi alle strutture ospedaliere o quando invece rivolgersi al medico di base.

La materia sanitaria dovrebbe essere prioritaria tra i compiti dello Stato, perché un suo mal funzionamento può comportare inevitabilmente la perdita di vite umane.

Lo stesso piano di rientro finanziario per quanto riguarda la spesa sanitaria in alcune Regioni come il Lazio, che ha causato (per scelte politiche) la chiusura dei Servizi di pronto soccorso e strutture ospedaliere in piccoli comuni delle provincie, che servivano vaste aree di territorio, può far aumentare considerevolmente i tempi di trasporto con l’ambulanza, in caso di emergenze, verso ospedali più lontani, con il rischio di conseguenze gravi per i pazienti.

Il Lazio, inoltre non dispone di una presenza capillare di piazzole di atterraggio per gli elicotteri di soccorso nei centri montani difficilmente raggiungibili, per poter gestire in tempi idonei eventuali codici rossi.

Nel campo sanitario in Italia operano con diversi compiti troppi Enti:

-- per il trasporto di pazienti (il 118 per il servizio di emergenza-urgenza;

 -- la Croce Rossa Italiana per il trasporto infermi ed in alcune regioni per il servizio di emergenza-urgenza o in convenzione con il servizio 118;

-- i soggetti privati per il trasporto infermi e talvolta in convenzione con case di cura e ospedali per servizi comandati;

-- le strutture di volontariato (ANPASS; MISERICORDIE; ecc. ecc.),

-- le Forze dell’Ordine con servizi di ambulanza e protezione sanitaria per i propri dipendenti e le Forze Armate per i servizi destinati agli ospedali militari), per la gestione sanitaria e veterinaria sul territorio (ASL o AUSL territoriali) ,per la gestione e il ricovero dei malati e dei feriti ( vari presidi ospedalieri),

-- le varie strutture private che erogano servizi a pagamento o in convenzione con il servizio pubblico (Cliniche private, Laboratori Analisi, ecc.).

In molte regioni o province la Centrale operativa del 118 non è a conoscenza dell’analisi della forza sanitaria generale sul proprio territorio e non coordina, quindi, tutti i vari soggetti che dispongono di ambulanze, con la conseguente problematica, in caso di maxi-emergenza, di non poter coordinare tutte le ambulanze (anche con caratteristiche speciali in caso di emergenze in luoghi impervi o in gallerie ferroviarie o ferrovie, come le bimodali o le 4X4) presenti nel territorio, ma soltanto quelle afferenti alla propria struttura.

Da menzionare è l’intervento di una ambulanza ALS della Polizia di Stato senza coordinamento della centrale 118ARES in occasione dell’esplosione di Via Ventotene a Roma, (27 novembre 2001). Inoltre essendo il 118 un servizio regionale in ogni regione abbiamo una organizzazione differente.

Cosi nelle diverse regioni abbiamo ambulanze del 118 con a bordo personale con diverse qualifiche, come :  anestesisti, medici, infermieri, o soltanto volontari.


Ci sono servizi 118 che dispongono di elicotteri abilitati al volo notturno ed altri no; altri 118 che dispongono di elicotteri dotati di verricello e specialista ed altri no, altri ancora dove il servizio STEN non si può avvalere dell’intervento dell’elisoccorso ed è gestito soltanto da ambulanze non presenti capillarmente sul territorio, con tempi di intervento molto lunghi.



La divisione di competenze sanitarie, non è altro che un sistema consolidato di divisione delle competenze a diversi soggetti nelle diverse mansioni che svolge lo Stato, come ad esempio tra le forze dell’ordine e armate la presenza di diverse strutture, ognuna operante in un settore specifico (Polizia di Stato; Carabinieri; Guardia di Finanza; Corpo Forestale dello Stato; Polizia Penitenziaria; Guardia Costiera; Polizie Provinciali e Polizie Municipali, Esercito, Marina Militare, Aeronautica Militare) con telefono differente e afferenti ognuna ad un soggetto diverso. (A parere di esperti la presenza di molti corpi armati, è stata imposta fin dall’Unità di Italia per evitare l’accentramento in pochi ministeri di poche forze di polizia o armate, evitando l’insorgere di colpi di Stato).

La presenza di soggetti diversi per svolgere mansioni simili o differenti e la mancanza di una rete nonchè l’utilizzo di una metodologia di lavoro e un linguaggio tecnico distinto può creare problematiche quando questi soggetti si troveranno ad interagire magari per fronteggiare una situazione critica o una emergenza.

Spesso, si tende a classificare le varie emergenze con una diversa terminologia: Emergenze complesse, dove vi è una situazione difficile da risolvere ma dove sono coinvolte poche persone e dove di norma intervengono solo gli enti di soccorso preposti (esempio la tragica vicenda di Alfredino Rampi 1981); Maxi-Emergenze dove vi sono situazioni pericolose in atto dove sono coinvolte più persone ma sono situazioni che non si prolungano nel tempo oltre le 12/24 ore (esempio grandi incidenti stradali, incidenti nei trasporti ecc.);

Emergenze di Protezione Civile dove vi sono situazioni pericolose in atto dove sono coinvolte più persone e che si prolungano nel tempo anche per diversi giorni o anche mesi che comportano l’alloggiamento di persone ed animali ed evacuazioni importanti di paesi o territori (come ad esempio i terremoti).

Nelle emergenze di protezione civile è prevista la creazione di Centri Operativi (COC; COM; CCS ecc.), che altro non sono che sale operative di coordinamento dove sono presenti i referenti per i vari Enti che gestiscono i soccorsi, ovvero per far dialogare insieme queste strutture (Forze dell’Ordine; Forze Armate; Vigili del Fuoco; 118; Croce Rossa; Volontariato) secondo apposite funzioni tematiche (Sanità; Materiali e Mezzi; Telecomunicazioni; Volontariato ecc.)(Metodo Augustus).

C’è da considerare che nelle prime ore successive all’emergenza di Protezione Civile, durante il cosiddetto “vuoto di Assistenza”, quando ancora non si sono insediati i Centri Operativi, dovrà essere garantito innanzitutto il soccorso sanitario per i feriti, tenendo in considerazione che i soggetti di soccorso sanitario locali potrebbero essere subissati di richieste di aiuto che non riescono a fronteggiare e lo stesso personale di soccorso locale potrebbe essere stato colpito esso stesso da crolli o avere parenti coinvolti dall’evento.

La priorità sanitaria spesso non viene considerata, facendo affluire insieme sul posto colonne mobili che trasportano tende, viveri, bagni chimici, cani da ricerca, PMA e ambulanze, non dando la priorità a questi ultimi. Come è successo in occasione del sisma dell’aquila alla colonna mobile ed alle ambulanze della Croce Rossa Italiana del Lazio, regione limitrofa all'Abruzzo, che sono partite dopo circa 8 ore, ma che avrebbero potuto farlo, se fossero state autorizzate, in appena 2 ore.

Nei giorni successivi all’evento, la struttura sanitaria di supporto alle strutture sanitarie locali, avrà invece il compito di sostenere e fornire ausilio di protezione sanitaria presso i campi di accoglienza dove è ospitata la popolazione e sostituire le strutture sanitarie che risulteranno inagibili (ospedali, cliniche, laboratori analisi ecc.)

Un grande fattore che gioca a sfavore dei feriti coinvolti in una catastrofe è il tempo e la presenza di molte persone coinvolte e poche strutture del soccorso sanitario disponibili nell’immediatezza dell’evento. Risorse che occorrerebbero quanto più specifiche tanto più la situazione è complessa. Durante la mia esperienza lavorativa nella protezione civile ho avuto modo di seguire l’incidente ferroviario accaduto il giorno 7 gennaio 2005 e che ha coinvolto il treno interregionale 2255 partito da Verona alle ore 11.39 e diretto a Bologna.


Quindici persone sono rimaste uccise e molte altre ferite nel sinistro, e due morte successivamente a causa delle gravi ferite riportate.

Il treno interregionale si è scontrato frontalmente con un treno merci alle ore 12.50 presso la stazione di Bolognina di Crevalcore sulla linea a binario unico (oggi raddoppiata) Bologna Verona.

Sulla zona c’era nebbia fitta e le prime richieste di soccorso da parte gli occupanti del treno arrivarono alle sale operative del 118 non indicando una zona precisa poichè si era in aperta campagna e i passeggeri non avevano una idea precisa del luogo dove il treno stesse transitando.

Alcune chiamate indicavano la zona dove era avvenuto lo scontro vicino Verona altre chiamate indicavano le vicinanze di Bologna.

La linea ferroviaria Bologna-Verona non è limitrofa a strade asfaltate o importanti nella maggior parte del suo percorso e quindi le sale operative 118 (Bologna e Verona), per localizzare l’area fecero decollare due elicotteri / eliambulanza, uno da Bologna e l’altro da Verona, per percorrere a bassa quota vista anche la scarsa visibilità la linea ferroviaria per individuare il punto di collisione.

Una volta individuato il treno incidentato, sono stati dirottate sul posto le ambulanze, con indicazioni GPS visto che non vi era un indirizzo preciso e vi erano soltanto campi arati.

I soccorsi furono comunque tempestivi nonostante le difficoltà descritte poiché ogni ambulanza era dotata di GPS.

Il problema però fu che le ambulanze con a bordo codici rossi o gialli si impantanarono nel fango dei campi dopo aver caricato i feriti affinchè essi fossero trasferiti in ospedale.

Furono rimorchiate, con perdite di tempo importanti, da trattori guidati da alcuni allevatori della zona che nel frattempo erano giunti sul posto richiamati dal boato.

In questo incidente, due erano state le difficoltà da evidenziare: la prima che ogni mezzo di soccorso deve essere dotato di GPS e la seconda che per intervenire in zone impervie occorrono necessariamente mezzi 4x4 immediatamente disponibili al verificarsi dell’emergenza.

Un'altra esperienza è stata quella che ho potuto ammirare sulla gestione del servizio di protezione sanitaria organizzato durante la costruzione della galleria ferroviaria di valico dell’appennino AV Firenze-Bologna.

Per poter rendere efficiente il soccorso sanitario per gli operai che avrebbero potuto essere coinvolti in incidenti durante le fasi di costruzione, il 118 Bologna Soccorso ha messo in servizio Ambulanze bimodali

strada/ferrovia capaci di viaggiare sulle rotaie, unici mezzi capaci di poter intervenire in gallerie ferroviarie e in generale sulle linee ferroviarie.

Su Roma, queste 2 esperienze sono state molto utili, e mi hanno permesso la ricerca e l’individuazione di ambulanze speciali e specifiche da utilizzare in caso di emergenza, avendo operato un attenta analisi delle situazioni di rischio presenti in città (tra cui anche le lunghe gallerie ferroviarie come l’Aurelia o quelle stradali Giovanni XXIII o del GRA).

La presenza di ambulanze 4X4 in numero sufficiente è stata individuata da uno studio condotto da me nel 2009, presso le Forze Armate, che però, nonostante siano stati interpellati attraverso canali ufficiali non hanno dimostrato interesse a collaborare con la struttura della protezione civile comunale, di fatto negando la creazione di una rete, adducendo motivi di riservatezza e tempi di attivazione delle loro strutture troppo lunghi in caso di emergenza.

Le logiche individualistiche, sembrano spesso prevalere su servizi essenziali come quelli di emergenza e urgenza che dovrebbero coordinarsi e cooperare per un fine comune.

Ma talvolta anche gli interessi economici sembrano prevalere sul buonsenso, come nel caso della Stazione Termini dove un Servizio sanitario interno gestito egregiamente da un medico (Dott. ...................) e da personale infermieristico con un piccolo ambulatorio che era posto al binario 1 ed era dotato di una ambulanza elettrica per l’intervento in stazione è stato chiuso dalla Società Ferroviaria in attesa di vendere i locali destinati all’ambulatorio a soggetti privati, che sicuramente sono in grado di garantire introiti più elevati.


Nella Stazione Termini, dove si registra un transito puntuale di circa 20.000 persone durante le ore di massima affluenza, con 29 binari ferroviari, due reti di metropolitane, tre sottopassaggi, diverse aree commerciali, un livello inferiore e più livelli superiori adibiti ad uffici, i soccorsi sanitari sono gestiti dal servizio 118-ARES, il cui personale, però, nell’intervento di soccorso spesso trova difficoltà a localizzare l’infortunato che ha richiesto l’intervento dell’ambulanza, essendo la stazione molto grande.

Forse mi sono dilungato un po' troppo in questa mia esposizione,eppure spero che questa mia lettera sia capace di aprire un dibattito che possa innescare un cambiamento in meglio delle situazioni.

Vi ringrazio per l’attenzione

Stefano Picone.